NO CPR né in Italia, né in Albania. Da nessuna parte.

Nessun CPR né in Italia, né in Albania. Da nessuna parte! Se non fosse tutto vero e se non fosse che ci sono persone che stanno lentamente morendo in queste vere e proprie carceri di Stato, sarebbe assurdo parlare ancora oggi nel 2025, di alcuni diritti fondamentali dell’essere umano.
Perfino il Giudice di Pace di Roma ha sollevato, con quattro ordinanze (209-210-211-212/2024 pubblicate in G.U. n. 47 del 20.11.2024), la questione di legittimità di questi centri di detenzione alla Corte Costituzionale collezionando molti amicus curiae sia di Autorità pubbliche (Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale; il Garante della Regione Lazio e la Garante del Comune di Roma), sia del mondo accademico (ADiM), sia della società civile.

Oltre ai già ben narrati ricorsi e conseguenti viaggi infiniti avanti-indietro per il Mediterraneo causati dal CPR in Albania, l’illegittimità del trattenimento da parte dello Stato, di persone in maniera coatta anche per tre mesi (con possibilità di proroga fino a diciotto mesi! nda) pone dei dubbi sulla violazione del art. 3 e 13 della Costituzione oltre a non poter avere un’interpretazione costituzionalmente orientata.

Per non dimenticare persone come Ousmane Sylla, morto un anno fa in un nel CPR di Ponte Galeria (Roma) oppure Moussa Balde, morto nel CPR di Torino nel 2021 e per tutte quelle persone sul limite del baratro. Fra il silenzio complice assordante di chi non teme d’aver le mani sporche di sangue e fra il rumore di chi batte forte contro le sbarre perchè vuole solo ed esclusivamente tornare ad avere la libertà di movimento, diritto fondamentale di qualsiasi singolarità vivente in questo mondo.

Un mondo che deve chiudere questi centri di detenzione. Per evitare e contrastare la deriva nazionalista che vorrebbe “l’umano rimpatrio” e per salvare, soprattutto, vite umane che altresì rischierebbero l’oblio.

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