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Il mare è di tutt*
Il mare non si vende!

Il sole splende impetuoso. L’aria salata accarezza la pelle. Il rumore delle onde si frange sulla spiaggia. Questo è il mare, un patrimonio collettivo, un’eredità che appartiene a tutt* noi. Eppure, alzando gli occhi, cosa ci troviamo di fronte? Una serie di stabilimenti balneari, un muro di recinzioni e cabine che segregano la spiaggia libera da quella privata. Non si tratta solo di un confine fisico, bensì di un’adeguata divisione sociale ed economica che ci priva dell’accesso a ciò che ci spetta di diritto.

Ci viene detto che la spiaggia deve essere “gestita”. Che servono ordine, pulizia e servizi. E per questi “servizi”, ci presentano il conto. Un biglietto d’ingresso, un prezzo per l’ombrellone, una tariffa per la sdraio. Ci vendono il sole e la sabbia, affiggendo un’etichetta di costo sulla nostra libertà. Non è paradossale che per godere della natura si debba pagare un dazio?

E chi ne trae vantaggio? Pochi privilegiati, gli stessi che, con la connivenza dello Stato, hanno trasformato la costa in un affare del capitale. Le concessioni demaniali sono il cavallo di Troia con cui i potenti hanno privatizzato il mare. Questi sono regali, favori concessi a pochi in cambio di enormi rendimenti economici.

Il mare è di tutt*!

Cose stampate per il mare libero

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