APPUNTI DI MILITANZA
La scuola parte 1: L’inizio
Avevo 6 anni e le giornate le passavo sugli alberi, a collezionare rami, a studiare le pigne
Tornavo a casa sporco di resina e di aghi di pino
Le mani erano corteccia
Il naso intriso di profumi naturali, floreali, balsamici
Respiravo ed ero felice
Respiravo ed ero viv*
Contemplavo la mia bicicletta scassata come fosse una Ferrari
In fondo le ruote le aveva anche lei sapete?
Era la mia Graziella, color verde bottiglia alla conquista delle strade del mio quartiere
Tornavo a casa, poco prima del tramonto
Salivo le scale, inspiravo la cena che stava cuocendo su una vecchia stufa a gas anni 50
Salutavo schivo i miei genitori correvo in camera
Lì il mio diario, c on la copertina azzurra e l’aletta mezza smangiucchiata
Amavo smangiucchiare
Odiavano che io smangiucchiassi
Aprivo le pagine e appuntavo ciò che mi era successo al parco
Un albero, un gruppetto di bulletti, una dolce rivoluzione, una conoscenza drogata, una pallonata di troppo
Affianco a me un vecchio atlante generelista che fissava il mio tempo esperienziale verso la metà degli anni 80
Germania Est, Germania Ovest, Cecoslovacchia
Le tabelle le bandiere sembravano tutte delle galee
Con la quale navigare nell’immaginazione di un mondo che si era del tutto trasformato
L e ultime pagine erano dedicata al Sistema Solare
E allora i galeoni trasformavano le loro vele in missili propulsivi
Per viaggi interstellari
Per viaggi autoimmunitari
È pronto, mi urlano dalla sala
Il richiamo
La tribù è al tavolo
Il tavolaccio imbandito
Sarà una cena spettacolare
Passato di verdure, formaggi e qualche fettina di salame
E fra un quiz televisivo proposto dalle reti di pubblico di servizio la mia mente continuava a volare fra un pino marittimo contro Giove, Berlino Est contro Ovest, Bandiere contro densità di popolazione
I miei mi squadrano lo sguardo è attento ad interpretare ogni singolo spasmodico movimento
“Dobbiamo dirti una cosa” tuonarono fra una fetta di formaggio Latteria e un tarallo dalla farina tossica
“E’ tempo che tu vada scuola, per il tuo futuro, per diventare grande”
Le galee sentendo tutto questo poco prima d’Andromeda fecero retro front sui loro passi
Facendo precipitare la mia mente su quel tavolaccio imbandito
L’ansia mi assale
Il respiro comincia a mancare
L’idea di trasformarmi in qualcosa che poco aveva a che fare col mondo graficato e disegnato in quel Atlante
L’idea di una libertà vigilata, gestita da boia giudicanti travestiti da maestri
L’idea di un’aula fatiscente, puzzolente, ammuffita con banchi talmente vecchi che avevano visto il Regno d’Italia
L’idea di mangiare derivati di cereali, conditi con una ripugnante ed acida salsa di pomodoro ad ogni pranzo
L’idea di dover obbligatoriamente interagire con coetanei coetanee che non avevo mai incontrato al parco pur abitandovi affianco
L’idea di perdere il ritmo delle giornate naturali che trasmettevano tutto ciò di cui avevo bisogno
L’idea di passare da un diario smangiucchiato a fogli protocollati con linee, griglie e limiti ponendo così confini
L’idea di stare in silenzio, di alzare la mano, di chiedere permesso per espellere liquidi corporei dal mio giovane sistema idraulico
L’idea era solo.
Che era l’inizio.
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