Le periferie delle città, di questo paese dimenticate. Destrutturalizzate dalla loro comunità solidale, senza case, senza ospedali, senza scuole, senza futuro. Banco di prova per i politici popolari che le attraversano per sfruttare la disperazione sistematica convertendola in votazioni per urne sempre più vuote. L’avanzata del nero, il rosso che si intravede laggiù fiaccato da una politica che dal basso non risponde alle esigenze e alle prospettive di chi non ha mai desiderato così tanto avere un tetto sopra la testa. Gli sgomberi coatti e violenti delle forze dell’ordine e la repressione al libertario pensiero di autodeterminarsi nel niente per creare il tutto.
Le periferie, dove sono nat*, cresciut*, hanno quel aria pesante fatta d’amianto, di lacrime e di silenzi assordanti. A volte senti ridere, laggiù vicino a quel parco mezzo malandato. Un’altalena dondola ancora al primo sole estivo circondata da un prato ingiallito. Allora nella città vecchia tramonta ancora il sole, anche oggi. Allora in città fra gli sfavillanti palazzi, negozi e sedi di partito si fanno l’aperitivo, anche oggi. Anche oggi la periferia non è un teatro, non è una irrealtà, non è un ghetto. La periferia sei tu, me, noi. Riaccendiamo la luce su tutto questo.
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