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La corsa agli armamenti è una maratona verso la fine.
La corsa agli armamenti è una maratona verso la fine.

Lo stadio è pieno, la gente urla mentre mangiano goffamente la loro mela caramellata. Gli atleti internazionali si dispongono ai blocchi di partenza. Corridori esperti del riarmo oramai da generazioni, si mettono in posa a favor di telecamera per far vedere a tutto il mondo, cosa saranno pronti a generare. Il telecronista incalza la telecronaca, fra fake news, flash news a pillole e qualche opinionista del algoritmo digitale descrive per filo e per segno il suo nuovo content populista pronto per arringare la folla.

I protagonisti si dispongono, si genuflettono di fronte al capitale mentre la tensione sale sempre di più. Pronti, partenza e via! La pistola fumante esplode il colpo!. I corridori scattano e cominciano a correre a più non posso: c’è chi parte avvantaggiato, chi già tentenna ma sa che indietro non può tornare, chi osserva con la coda dell’occhio gli spalti dove si trovano amici compiacenti che si son presi una pausa fra un genocidio e un altro. Il testimone, un intelligentissimo e velocissimo missile, passa di mano in mano verso il traguardo correndo su un terreno nel quale son stati seppelliti centinaia di migliaia di morti al giorno in tutto il mondo. “Da qualche parte costoro, dovevano pur cominciare” sibila il commentatore della corsa.

Ed ecco il protagonista, il favorito che chiunque si sarebbe aspettato scattasse più degli altri, anche grazie al suo fedele padrone americano: l’Unione Europea. Gamba lunga e sguardo fisso al kilometro, prende il riarmo, innalza la quota al 5% del PIL e scatta con ritmo verso la fine. La fine del mondo come lo conosciamo oggi. La fine di un mondo che voleva, chiamato dalle masse popolari, un disarmo e uno scioglimento degli eserciti per una nuova proiezione sociale e culturale.

L’Unione Europea taglia il traguardo della fine.
E la fine ha il suono di scroscianti applausi verso il silenzio.

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