La nostra patria è il mondo intero, senza confini, senza Stati, senza alcuna coercizione alla libera circolazione degli esseri umani a livello globale. Le recenti vicissitudini fra Italia, Europa e navi cariche di vite, di sogni e di speranze mi fanno pensare che la carovana politica ricominci a giocare con le vite delle persone. Non che prima di questo nuovo governo le cose stessero andando meglio. Ma gli attori e le attrici di questa carovana che porta morti, disperazioni e violenze tornano sul palco per un nuovo atto. E se da una parte a suon di panem et circenses il neo nato governo prova a calmare da una parte le cupole del capitale, dall’altra comincia a bombardare queste vite che attraversano il mar Mediterraneo oramai sempre più tomba liquida di migliaia d’esperienze e di corpi. Se non ritorniamo al concetto basilare della distruzione dei confini e se non torniamo a lottare per distruggere l’identificazione nazionalista suprematista che identifica nella cultura di un territorio una pallottola piuttosto che una mano tesa al diverso, vedremo solamente cataste di morti che si accumulano nel silenzio. Perché ora “se ne parla”. E domani? Dopo-domani? Quando il circo mediatico che rende trand topic una situazione che ha del disumano sarà finito, quando il tendone e le gabbie piene di retorica prenderanno la strada di altri lidi politici e sociali, che ne sarà di loro? Che ne sarà di tutte le singolarità bloccate nei CPR in Italia e nei lager libici? Che ne sarà di noi, se non lotteremo per cambiare tutto questo? Perchè la mia, la loro, la nostra patria è il mondo intero.
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