Roberto Franceschini Roberto Piacentini
Roberto Piacentini Roberto Franceschi

Il 23 Gennaio 1973, furono uccisi dalla polizia di Stato lo studente del Movimento Studentesco Roberto Franceschi e l’operaio Roberto Piacentini. Nessuno fu condannato. Ma andiamo con ordine ripercorrendo i fatti. Nei giorni precedenti ai fatti si era deciso a livello nazionale di organizzare uno sciopero studentesco ed in serata si sarebbe tenuta alla Bocconi una partecipata assemblea del Movimento Studentesco. La partecipazione, come sempre, era libera e l’accesso nell’aula assembleare era garantito dal movimento. Mai nessuna tensione su questo dettaglio, ma non stavolta. Il Rettore, Giordano Dell’Amore, decise che da ora in avanti si accedeva nei locali dell’Università solamente mostrando il libretto che dimostrava l’iscrizione. Lo stesso Rettore, inoltre, avvertì la Polizia di Stato che accorse in forze con III Reparto Celere con al comando i vice questori Tommaso Paolella e Cardile, col supporto del tenente Addante.

Mentre i giovani studenti e studentesse, ma anche molti operai, si stavano avvicinando alla Bocconi la reazione delle forze dell’ordine risulta immediatamente esagerata e violenta. Il risultato, fu un brevissimo battibecco e scontro che si risolse in pochissimi minuti. Il gruppo di studenti, studentesse ed operai fa dietro-front e decide di non procedere ulteriormente, ma qui senza un vero motivo gli agenti imbracciano le loro pistole e alle spalle cominciano a sparare ad altezza uomo contro il gruppo in ritiro. Verranno colpiti Roberto Franceschi alla testa mentre Roberto Piacentini alla schiena.

Piacentini, operaio, viene immediatamente caricato in auto dai solidali e portato in ospedale. Franceschi, trascinato da quattro compagni dentro un atrio per ripararlo provano a praticargli il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca. Morirono entrambi colpiti dalle pallottole, alle spalle. Entrambi.

La prima versione della Questura sui fatti fu che un sasso lanciato dai manifestanti tragicamente colpì Franceschi (Ancora la storia del sasso nda.) ma chiaramente tale ricostruzione venne rapidamente archiviata. Le indagini allora si spostarono sui rapporti del colonnello Scarvaglieri e nello specifico verso l’operatore di polizia Gianni Gallo che aveva effettivamente esploso i colpi fatali per i due compagni. Secondo i rapporti, Gallo, avrebbe sparato in preda ad raptus non ben specificato (come se ce ne fosse bisogno nda.) e quindi avrebbe agito in uno stato di “semi-incoscienza”.

I processi andarono avanti per più di vent’anni ma pur comprovando le responsabilità delle forze dell’ordine nessuna persona venne condannata per i fatti descritti. Ancora una volta, nessuno è Stato.

Per non dimenticare, chi voleva andare in assemblea per lottare e creare un nuovo mondo.

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